Ugo Nespolo è “uno che fa”

Diplomato all’Accademia Albertina con Enrico Paolucci e successivamente laureato in Lettere Moderne, è forse l’artista italiano che ha affrontato, e affronta ogni giorno, il suo essere artista con un entusiasmo, una curiosità e una voglia di scoprire, fuori dal comune.
Non esiste materiale naturale o sintetico che non sia passato sotto le sue mani, da questo contatto e dalla successiva conoscenza, Nespolo è riuscito a far nascere opere d’arte conosciute e apprezzate in tutto il mondo.

È un uomo dall’intelligenza vivace, le sue risposte sono rapide, sintetiche e determinate, non si perde in voli pindarici, i concetti sono espressi in modo chiaro, questo è sintomo di coerenza e determinazione. Doti che senza dubbio l’hanno accompagnato in modo quotidiano nella sua fantastica avventura artistica.

Profondo è il legame con gli artigiani che l’hanno seguito nel suo cammino e gli hanno trasmesso una grande conoscenza della materia e della tecnica, parla di loro con grande stima, con un pizzico di nostalgia e con la riconoscenza dovuta a uomini eccezionali che non ci sono più.

Ugo Nespolo nel suo studioCon Mario Pognante scompare un mastro artigiano con cui ha avuto un forte feeling umano e lavorativo. Come lo ricorda? Era un artigiano inventivo o “spalla” in ombra di un artista eclettico?
Mario Pognante era prima di tutto un uomo straordinario.
Un vero piemontese, serio, professionale ma anche dotato di uno spiccato senso dell’ironia.
Era un uomo diretto, di poche parole ma con un senso dell’amicizia assoluto, non aveva tantissimi amici, ma quei pochi erano veri.
Mario aveva anche un grande cuore, pochi sanno che per anni ha ospitato un barbone nel suo laboratorio, lo lasciava dormire lì perché potesse stare al caldo nella notte. È solo un episodio, un esempio che può aiutare a capire che persona era.
Sotto il punto di vista lavorativo era senza dubbio un artigiano inventivo, con una profonda conoscenza dei materiali e delle tecniche, quando proponevo le mie idee, lui mi diceva come le avrebbe realizzate. Non era assolutamente un semplice esecutore e dalla sua aveva la credibilità dell’esperienza.

Mario Pognante ha insegnato nelle Scuole Tecniche San Carlo. In tutto il tempo della vostra collaborazione, vi siete mai confrontati sull’insegnamento ai futuri artigiani, su come è fatto, su quello che oramai è considerato il “metodo San Carlo”?
No. Non ci siamo mai confrontati su questi argomenti per una questione di tempi. Mi spiego meglio: ho avuto un intenso periodo collaborativo con lui prima della sua esperienza alla Scuola San Carlo, poi ci siamo persi di vista per qualche anno, quando ci siamo ritrovati mi ha raccontato della sua scelta di dedicarsi alla formazione dei giovani, ma non abbiamo mai approfondito l’argomento. Sono sicuro che è stato un ottimo insegnante e mi auguro che sia riuscito a trasmettere il suo immenso sapere.

Nel mio lavoro ho avuto occasione di incontrare figure professionali di elevatissimo livello
E ancora, con questa figura di artigiano self made, abile perfezionista, umile nella propria grande professionalità, si è mai confrontato su un tema che le è caro, e cioè quello che vede nella figura del buon artigiano non solo un semplice esecutore, ma anche un convinto assertore di una “teoria delle cose”?
Mario Pognante non era un uomo di teoria, lui era un uomo pratico che amava fare. Faceva parte di quei personaggi che appartengono a un tempo passato e sono oramai estinti. In Borgo Vanchiglia c’era una serie di laboratori meravigliosi, qui operavano artigiani con capacità straordinarie. Mario aveva una grande conoscenza del materiale, sapeva tutto del legno ma anche della pietra, oltre a questo, aveva grande padronanza dei macchinari e sapeva come ottenere il miglior risultato dal loro uso. Ma non era il solo, nel mio lavoro ho avuto occasione di incontrare figure professionali di elevatissimo livello. In via Bava, ad esempio, c’era un tornitore, si chiamava Darbesio, ebbene lui, maneggiando con incredibile maestria una fresa, faceva i bassifondi sui mobili barocchi. Erano opere d’arte. Oggi purtroppo queste realtà sono scomparse senza che il loro sapere sia stato trasmesso alle generazioni successive, non esistono più artigiani così.

Ugo NespoloA cosa sta lavorando attualmente? Nascono ancora collaborazioni con l’Amministrazione Pubblica o veramente la cultura, l’arte sono state azzerate come voce di bilancio superflua?
Continuo a portare avanti la filosofia che mi accompagna da una vita: l’arte deve uscire dal laboratorio. In questo modo sono sempre impegnato in nuovi e diversi progetti, ho ancora voglia di sperimentare e di conoscere, penso che nell’arte non esistano limiti se non quelli fisici.
Sono direttore del Museo del Cinema, quindi è chiaro che collaboro con l’Amministrazione Pubblica. Credo che l’attenzione nei confronti della cultura ci sia sempre stata, è chiaro che tutti i settori devono fare i conti con i problemi di bilancio, ma sono convinto che ci sarà nuovo slancio, più vitalità, i primi segnali già si vedono.

Nel suo cammino artistico si è confrontato con tante forme espressive. Tra esse ha incontrato anche la scrittura e la musica? Che cosa ne è nato?
L’incontro con la scrittura è connaturato con il mio percorso di vita e di lavoro, scrivo articoli su quotidiani nazionali e riviste specializzate, ma ho anche illustrato alcune opere letterarie come le poesie di Guido Gozzano e il Magnificat di Alda Merini. Per quanto riguarda la musica ho disegnato scenografie e costumi di opere liriche, mi sono occupato del tour di Ivano Fossati nel 2000, oltre ad aver avuto alcune collaborazioni con Luciano Berio e Severino Gazzelloni. Devo però ricordare che sia le lettere, che i numeri, così come le note, prendono vita, si animano e spesso diventano soggetti di opere pittoriche.

Penso che i social network siano interessanti. Trovo che sia un modo simpatico, nuovo e diretto di comunicare…
Che cosa ne pensa dei social network e di una realtà virtuale che oramai tesse le fila dei nostri rapporti relazionali? Questa realtà, ha davvero la capacità e il potere di rappresentare le nostre intime essenze?
Penso che i social network siano interessanti. Trovo che sia un modo simpatico, nuovo, diretto e soprattutto poco costoso di comunicare, senza tralasciare il fatto che è veramente internazionale e ti permette di essere in contatto con il mondo. Non so se ha il potere di rappresentare le nostre intime essenze, dipende dall’uso che se ne fa. È come avere davanti un foglio bianco, ciascuno nel suo quadro può mettere quello che vuole e può corrispondere a realtà o a fantasia.

Un suo pensiero per i giovani: esiste ancora la meglio gioventù? E, soprattutto, esistono ancora le situazioni dove un maestro chiama alcuni allievi a seguirlo nella bottega dove, dalla teoria delle cose, si passa all’artigianato e all’arte?
La bottega del maestro è un’idea che si è estinta nell’800. È stato l’ultimo baluardo di realizzazione artistica, poi tutto è diventato arte e l’arte è diventata alla portata di tutti. Tutti erano liberi di fruirne e trovarla ovunque. Non essendoci più nulla da realizzare si è persa la capacità di trasmettere e tramandare. Penso però che questa tendenza cambierà, poco per volta sta tornando l’idea della bellezza e con il ritorno di quest’idea tornerà anche la voglia di riscoprire la manualità e di imparare il mestiere.