Paolo e Bruno Morelli, e gli Alunni del Sole. Due fratelli e una voglia immensa di fare musica, di costruire canzoni, di raccontare amori e storie inzuppandoli di note e di sfumature di voce.
Dalla fine degli anni 60 ci hanno regalato solamente motivi emozionanti, vere e proprie chicche, poesie messe in musica, concerti meravigliosi e successi come: L’Aquilone, E mi manchi tanto, Un’altra poesia, Concerto, Liù…
Newsplaza li ha intervistati, alla vigilia dell’uscita del loro ultimo album.
Sta per uscire il vostro ultimo album. Che cosa contiene? È cambiato qualcosa, nelle musiche e nei testi di tale CD, rispetto all’impronta emozionale che gli Alunni del Sole continuano a lasciare nell’immaginario interiore di chi ama la loro musica? Che cosa cantate, oggi, a chi vi ascolta?
Paolo: Si è da poco concluso il lavoro di registrazione del nostro ultimo album, che è frutto del lavoro di due anni, in cui ispirazione e creatività nascono da quello che provo e da quello che sono oggi. Dieci canzoni in cui racconto l’emozione con la stessa intensità dei primi successi. L’album, che dovrebbe uscire per Natale, si intitola Il sogno che svanisce, come una delle canzoni che contiene. Io canto l’amore, oggi come ieri.
Bruno: Certo, i riferimenti e i tempi sono cambiati. Ma la maturità ha aggiunto un valore in più: la riflessione, che si traduce in profondità e orizzonti nuovi. Anche la voce di Paolo, divenuta negli anni più intensa e profonda, contribuisce al cambiamento, che è stato molto apprezzato dai critici nel nostro precedente CD E risalire il tempo. Alcuni di essi hanno persino paragonato Paolo ai grandi chansonnier francesi.
Oggi è tutto molto veloce: le emozioni s’incendiano, i ricordi si perdono, il futuro è una ipotesi senza prospettive. È ancora possibile scrivere parole e musiche impregnate di sentimento, che raccontano microstorie cantate a ciascun vissuto di chi le ascolti?
Paolo: Tutto cambia, è vero, molto velocemente. Ma l’artista vive e racconta l’emozione. È quello che faccio io, quando ascolto il mio mondo interiore. Credo sia quello che fa ogni artista quando crea: guardarsi dentro. Fuori tutto cambia, dentro rimane il sentimento, l’emozione, l’amore. Io ho avuto la possibilità e la fortuna di poterli tradurre in musica.
Bruno: Credo che il poeta, nel descrivere l’amore, venga influenzato solo parzialmente dal tempo che vive: infatti, ancora oggi, sono valide e attuali le opere poetiche dei classici latini e greci che, dopo tanti secoli, ci commuovono ancora. Vuol dire che i tempi cambiano, ma l’essenza dell’uomo resta immutata.
Canterò l’amore. Questa affermazione di Paolo ha accompagnato (e continua a farlo) le vostre canzoni in spirali di solitudini, di malinconie, di sentimenti sofferti e dilanianti. Ha senso oggi voler cantare ancora l’amore? Restare in una dimensione privata e non cantare, invece, una vita che va sempre più impoverendosi di valori e di contenuti?
Paolo: Il mio cantare l’amore non significa dimenticare il tempo difficile che viviamo. In alcune canzoni – come A canzuncella – ho anticipato, rispetto ai tempi, l’idea della donna libera che sceglie o viene scelta, che tradisce anche, che vive cioè un rapporto vero e non romanzato. L’amore è un tema eterno, è il motore della vita: possono cambiare i costumi, le società, ma il sentimento resta immutato e guida l’uomo nella sua vita. È questo pensiero e questo sentimento che mi hanno ispirato sempre. Perciò ti rispondo che oggi, come sempre, ha senso cantare l’amore.
Che cosa fanno i due fratelli Morelli quando non cantano?
Nella vita di tutti i giorni, quando non sono sul palco, che tipi sono i due fratelli Paolo e Bruno? Come descrivereste ai lettori tutto quello che non viene cantato: il vostro carattere, i vostri hobby, i timori, le speranze, il vostro atteggiamento verso il passato e il futuro?
Bruno: Siamo diversi e complementari: l’educazione musicale ricevuta dai nostri genitori, entrambi musicisti, ha indirizzato la nostra vita. Anche la passione per la pittura è una loro eredità. Nella vita di ogni giorno Paolo dedica gran parte della propria giornata all’arte, la musica e la pittura, con quadri enormi di cui è piena la casa. Mentre io mi occupo degli impegni pratici quotidiani tipo spese, bollette, tasse, ecc. Nei fine settimana ci allontaniamo da Roma per qualche gita fuori porta, in cui incontriamo amici e ci rilassiamo. La nostra vita è semplice, qui a Roma, dove ci siamo trasferiti anni fa, all’inizio della nostra carriera. L’idea, il desiderio, che ogni tanto Paolo manifesta di un ritorno a Napoli, la città in cui siamo nati, è solo un sogno, una utopia.
Paolo: Ci penso ancora, Napoli è nel mio cuore, anche se non è più la città che ho lasciato da giovane. Quando ritorno per qualche concerto, alla nostalgia si unisce la tristezza di non ritrovare più la città che ricordo, ma una metropoli caotica e rumorosa. Eppure, gran parte della mia ispirazione nasce dai vicoli, dal cuore della Napoli in cui sono cresciuto e ho provato le prime emozioni ed esperienze artistiche e musicali.
Hai mai pensato, Paolo, di scrivere libri, anche solo di poesia, o di gettarti a capofitto in qualche altra forma artistica, aprendo percorsi paralleli a quello musicale?
Bruno: Ho già in parte risposto io, quando ti ho detto che Paolo ha l’hobby della pittura e ha anche partecipato ad alcune mostre di successo in musei campani. I suoi quadri sono figurativi, con tonalità calde, su tele enormi. Non lasciano indifferenti.
Paolo: Oltre alla musica e alla pittura? Ho sempre scritto poesie, ne ho tante che giacciono in vecchi cassetti. È nei miei progetti pubblicarle in un libro, prima o poi. Alcune le recupero per i testi delle musiche, altre le ho lette al pubblico, negli ultimi due anni, ad apertura dei concerti di piazza. Sono piaciute alla gente, me le hanno richieste, tanto che le ho fatte pubblicare anche su Facebook. L’artista sceglie di esprimersi con l’arte, e qualunque altra forma, purché se ne conosca bene la tecnica, può essere utile. Musica, pittura, poesia sono forme artistiche che permettono di raccontare l’emozione e tutte e tre alimentano il mio canto d’amore.
Alunni del Sole. Paolo e Bruno MorelliSiete su Facebook, avete un sito web, siete su pagine realizzate dai fan dove ci si scrive e si ascoltano tracce di vostre canzoni. Pensate che essere presenti su i social network sia importante per voi, per la musica, per aumentare il consenso verso il vostro gruppo? Qual è il vostro atteggiamento verso questi nuovi strumenti di condivisione?
Bruno: Internet esiste e dobbiamo adeguarci. Certo, ha danneggiato molto l’industria discografica e gli autori, ma ha anche diffuso con rapidità le musiche, alimentando successi e fenomeni nati da un momento all’altro. Ha creato artisti dal nulla. È una realtà con cui i giovani musicisti e autori devono fare necessariamente i conti.
Paolo: Con Facebook abbiamo conosciuto tanti ammiratori che ci seguono nei concerti, organizzano raduni in ogni parte d’Italia; hanno creato tre pagine dedicate a me e agli Alunni del Sole, in cui pubblicano foto e canzoni. La loro presenza costante ha movimentato le serate estive del gruppo negli ultimi due anni e molti di loro sono diventati degli amici che rivediamo con piacere. In questo senso Internet è diventato qualcosa di concreto per noi: le realtà virtuali sono diventate persone reali che ritroviamo in tanti concerti.
Intervista realizzata da Laura Bruno e rielaborata da Fulvio Rogolino