Gianluca Maria Tavarelli, regista e sceneggiatore, è nato a Torino nel 1964.
Il suo primo amore è stata la fotografia, scoperta in terza media nel corso di un laboratorio frequentato nella sua scuola. Da sempre appassionato di cinema, cambia interessi e percorso di vita all’ultimo anno di liceo. Con alcuni amici va al Festival di Venezia e torna a casa con un solo pensiero: «Voglio fare il cinema».
Si iscrive alla Facoltà di Lettere dove insegna Gianni Rondolino e trova un ambiente congeniale: «In quegli anni c’era un fermento vitale, una sana creatività e un tentativo continuo di realizzare le idee».
Il Festival del Cinema affascina e condiziona il giovane Gianluca Tavarelli: realizza un filmato che partecipa a un concorso, vince il primo premio a pari merito con Mimmo Calopresti, con i soldi della vincita compera un super 8 e da lì inizia la sua carriera.
Torino impressiona le sue prime pellicole in modo evidente: «Le immagini della città si ritrovano nei miei primi lavori importanti. Mi è sempre piaciuta la dicotomia tra i locali del centro e le periferie della città, ma anche le librerie storiche, il fiume, la montagna. Alcuni scorci si accordano così bene con quella che è la tipica solitudine sabauda. Un amore è il film più torinese che abbia girato».
Una carriera in ascesa, quindi, che vanta moltissimi riconoscimenti, tra cui il premio Wella al Festival di Venezia con Non prendere impegni stasera.
Cinque film e cinque mini serie televisive.
Ultima produzione Il giovane Montalbano. Sei puntate ideate da Andrea Camilleri, andate in onda su Rai 1 nei mesi di febbraio e marzo di quest’anno. Un successo con una media di sette milioni di spettatori a puntata. Michele Riondino è l’attore protagonista.
Il giovane Montalbano Michele RiondinoQuanto ha interferito Andrea Camilleri nella realizzazione di quello che è il prequel de Il Commissario Montalbano?
Camilleri non ha voluto e non ha interferito per niente. È un uomo troppo intelligente. Io e Michele Riondino abbiamo voluto incontrarlo prima di iniziare la lavorazione per capire quello che non era scritto nel copione. Si è creato un rapporto bellissimo e abbiamo afferrato tante sfumature e sottigliezze del personaggio Montalbano. Camilleri è un uomo meraviglioso, di un’intelligenza fuori dal comune, ama le citazioni colte ma è sempre comprensibile. Insomma, è un vero genio.
Michele Riondino interpreta il giovane Montalbano.
Quanto ha condizionato la memoria di Luca Zingaretti ancora così viva negli spettatori e, visto il successo ottenuto, possiamo affermare che il pubblico ha accettato l’altra faccia di Montalbano?
Tavarelli e il giovane Montalbano Michele RiondinoMichele mi è stato proposto dal produttore della serie che è Carlo Degli Esposti, sono stato subito d’accordo con lui. Volevo sganciarmi dal vecchio Montalbano, volevo però conservare la paternità nei romanzi ma non nell’immagine dell’attore, insomma desideravo che fosse un altro prodotto. Questo è stato fatto e questo ha funzionato. Il volto di Michele è piaciuto fin da subito.
Devo dire che è stata una vera sfida perché il prodotto di maggior successo della Rai è Montalbano e Luca Zingaretti è l’attore più amato dal pubblico televisivo. Era come andare contro a una corazzata, ma il lavoro è stato così diverso e accurato che non sono mai stati fatti paragoni.
In che modo gli attori hanno contribuito al risultato del film? Quale valore ha la recitazione all’interno di una sequenza creativa?
Il contributo degli attori è fondamentale. Alla fine del film ho sempre la sensazione che siano loro a trasmettere l’emozione, posso anche fare un meraviglioso passaggio di sceneggiatura, ma se loro non mettono l’emozione tutto viene vanificato. L’attore ha in mano il cento per cento di un’opera. In questo caso specifico, poi, abbiamo avuto a che fare con un romanzo corale con personaggi molto caratterizzati, ha recitato un numero incredibile di attori, è stato importante costruire una squadra affiatata e, devo ammettere, che anche gli attori secondari sono stati molto bravi.
Tutti registi, oggi, con Youtube? Cosa offre Internet al cinema?
Essere registi oggi. È cambiata la realtà dietro la macchina da presa? Che ruolo ha la finzione cinematografica? Meglio rassicurare proiettando quindi messaggi positivi di sviluppo/evoluzione o rispecchiare questa fase storica?
Dal punto di vista artistico dietro la macchina da presa non è cambiato nulla. Il regista deve raccontare storie. Rossellini raccontava il periodo post bellico così come i registi degli anni ’60 raccontavano il boom economico. Il lavoro del regista non è mai cambiato: anche con un brutto cinema racconti sempre la realtà del Paese, faccio un esempio: negli anni ’70 è stato prodotto un cinema di serie zeta fatto di commedie discutibili, ebbene anche quel cinema raccontava del vuoto di valori che ha caratterizzato quell’epoca. Bisogna ricordare inoltre che il cinema è figlio dell’economia, per fare film occorrono molti soldi, quindi la crisi economica coinvolge anche il cinema.
Quanto si è trasformata negli anni la comunicazione? Cinema, televisione, web, quali sono le rispettive valenze? Quanto valore possono aggiungere a un prodotto cinematografico/televisivo un sito internet dedicato e una pagina Facebook con più di quattromila membri?
La vera trasformazione della comunicazione sta avvenendo ora. Da ora in avanti cambierà tutto. Esistevano due canali: il cinema e la televisione. Ora con Youtube tutti possono girare un filmato e renderlo immediatamente disponibile in rete a milioni di utenti. L’immediatezza è il vero cambiamento, il fotogiornalismo è una rivoluzione, tutti possono essere cronisti di qualsiasi fatto in cui si trovino a essere testimoni. L’avvento del digitale terreste sta cambiando anche la televisione, i numeri di spettatori che facevi prima non li fai più. L’offerta è talmente vasta che cambia la fruizione e tutto si sta frammentando.
Il cinema resterà sempre, perché c’è un’atmosfera che non è riproducibile, ma i veri canali di comunicazione sono Youtube, Facebook, Twitter e altri.
L’apporto che può dare una pagina Facebook a un prodotto televisivo in termini di spettatori è veramente minimo, perché la televisione coinvolge milioni di spettatori. Offre però un’opportunità straordinaria che è quella di aprire un canale diretto tra il pubblico e il regista e gli attori, con la possibilità di riscontro immediato in termini di gradimento o critiche.